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Bioedilizia, prodotti naturali in sughero

Bioedilizia: ecco i nuovi prodotti

Ci sono Tre nuovi prodotti naturali per la Bioedilizia realizzati da E. FORET GROUP!!!

Da più di 30 mesi vengono testati e spalmati su pareti di involucri
edilizi di ogni tipo e forma, su piani di calpestio, massetti, sottotetti e terrazzi.
Dopo tante applicazioni e prove estreme finalmente hanno anche un nome!!!



Conosciamoli Meglio…
BioCap: classificato come intonaco premiscelato macroporoso coibentante, termico e fonoassorbente.

BioMas: classificato come massetto termico premiscelato macroporoso coibentante e fonoassorbente.

BioDeumix: classificato come intonaco premiscelato macroporoso deumidificante
coibentante, termico e fonoassorbente.

I tre nuovi prodotti permettono di fondere in un unico elemento la coibentazione
termica, l’assorbimento acustico e la deumidificazione con risultati eccellenti!!!
Non solo, conosciutone i componenti ci accorgiamo che siamo di fronte a prodotti
completamente naturali poiché composti da:

- l’ 80% del volume in granuli di sughero;
- il 20% del volume calce idraulica naturale NHL;
- dal 0,0001% di fibre naturali antifessurazione;
- dal 0,001 % di resine naturali a base cellulosa.

Parlare dei due principali materiali sopracitati vorrebbe dire elencare interi testi, trattati, studi, tesi ed addirittura leggende che si perdono nella notte dei tempi… ve ne proponiamo un breve cenno.
IL SUGHERO “un materiale assolutamente naturale ed ecologico”
Molte sono le peculiarità di questo materiale che lo rendono particolarmente adatto alla Bioedilizia.
Il sughero infatti oltre ad essere un ottimo isolante termico ed un validissimo isolante acustico, è inodore, atossico, asettico, anallergico, imputrescibile ed antistatico.
Fra le caratteristiche che rendono il sughero apprezzabile come materiale edile vi sono una buona resistenza all’usura, al fuoco ed all’attacco di roditori ed insetti. Il sughero naturale (ovvero il sughero esente da collanti o resine sintetiche) risponde ai criteri di scelta dei materiali per la bioedilizia sotto i più svariati aspetti.
Il sughero è infatti rinnovabile e la sua raccolta non danneggia l’ambiente.
La sua lavorazione è pulita e richiede pochissima energia per eventuali trasformazioni del materiale.
Nell’estrazione, nella trasformazione e nell’impiego del sughero non ci sono controindicazioni per l’uomo.
Contribuisce negli ambienti chiusi a regolare l’umidità e quindi a garantire confort
termico.
In caso di incendio è autoestinguente e non emana i gas tossici che vengono invece liberati da molti isolanti sintetici.
È durevole nel tempo e, se posato in maniera opportuna, completamente
riutilizzabile e riciclabile.
Altra importante caratteristica del sughero è quella di essere un valido supporto economico in aree geografiche solitamente povere. La quercia da sughero, vive infatti in terreni molto poveri e, grazie alla sua spiccata adattabilità, è in grado di rivalorizzare terreni altrimenti improduttivi.
L’ utilizzo del sughero può quindi diventare (con una corretta gestione di questa risorsa) un potenziale strumento di valorizzazione di risorse locali in aree solitamente depresse dal punto di vista economico ( ad esempio alcune aree della
Sardegna, Corsica, Sicilia, Algeria, Marocco, Tunisia) e può favorire un’economia
sostenibile sia dal punto di vista ambientale che da quello sociale.

La CALCE IDRAULICA NATURALE NHL 3,5-5
“Il calcestruzzo più antico ed utilizzato al mondo”

Analizziamone alcuni riferimenti Storici:
La più antica forma di calcestruzzo conosciuta risale al 5600 a.c. in medio oriente.
Gli egiziani( XXVI a.c.) usavano mattoni seccati al sole realizzati con paglia mescolata all’argilla; quest’ultima era usata anche come legante nelle murature.
Nella costruzione delle piramidi usarono, come leganti, gesso e calcina ( calce mescolata ad arena).
L’argilla fu usata in Sardegna come intonaco impermeabilizzante nei nuraghi neolitici( XX a.c.). I Fenici già nel X secolo a.c. usarono un legante resistente all’acqua per intonacare le cisterne.
I greci cretesi e di Cipro nell’ottavo secolo a.c. usavano malte di calce, mentre i Babilonesi ed i Siriani usavano il bitumen per costruire murature in pietre e mattoni.
Gli antichi greci usavano anche calcare calcinato, mentre i romani fecero il primo calcestruzzo mescolando calce, come collante, con polvere di mattoni e ceneri vulcaniche. Questo calcestruzzo insieme alle pietre fu usato nella costruzione di
strade, edifici ed acquedotti.
È documentato, a Roma intorno al 300 a.c., l’uso di un conglomerato di calce e pietre per la costruzione di opere come l’acquedotto Appio e la via Appia.
Quando il legante della malta era costituito da sola calce l’indurimento del calcestruzzo avveniva molto lentamente in seguito alla reazione della calce, Ca(OH)2, con l’anidride carbonica presente nell’aria (CO2) e alla conseguente produzione di carbonato di calcio (CaCO3). Questo processo d’indurimento, fortemente legato al grado di penetrazione dell’aria, risultava tanto più scadente
quanto più compatta ed impenetrabile era la barriera offerta dai parametri in pietra o mattoni.
Vitrurio nel De Architectura ha descritto le tecniche costruttive e le malte usate dai romani. Nelle costruzioni romane, i parametri in mattoni o in pietra, che fungevano da casseri a perdere, venivano riempiti di malta all’interno della quale venivano poi conficcati a mano rottami di pietra e mattoni costipati con una mazza di ferro. La malta era costituita da sola calce o da calce e pozzolana.
La pozzolana, un particolare tipo di sabbia vulcanica cavata vicino Pozzuoli, fu usata per costruire importanti edifici come il pantheon o il colosseo che ancora resistono alle ingiurie del tempo.
Il legante ottenuto mescolando la pozzolana alla calce (la “rena di Cuma”dell’opera De Architectura di Vitruvio) fu un grande progresso nelle costruzioni in calcestruzzo.
La miscela calce-pozzolana poteva indurire in assenza di CO2 con una velocità molto maggiore di quella richiesta dal processo di carbonatazione della calce. Oggi sappiamo che la pozzolana è un materiale inorganico, prevalentemente costituito da silice (SiO2) e da alluminia (Al2O3) mal cristallizzate o completamente amorfe. Essa è in grado di provocare l’indurimento della calce e di rendere il conglomerato indurito resistente all’azione dell’acqua grazie alla formazione, per reazione della calce con la silice e l’alluminia, dalla pozzolana di silicati di calcio idrati (CaO-SiO2- H2O) e alluminai di calcio idrati (CaO-Al2O3-H2O).
Plinio ha descritto una malta di calce e sabbia (una parte di calce per quattro di sabbia), e Marco Vitruvio Pollione (I secolo a.c. ) descrisse una mistura di pozzolana e calce (due parti di pozzolana ed una di calce) della quale sono descritte anche le sue proprietà cementizie. La descrizione delle modalità di produzione della calce e del suo uso, mescolata con sabbia, come legante per l’edilizia appare nuovamente nell’enciclopedia “ De proprietatibus rerum” (1230) del frate francescano Bartolomeo de Granville, detto Angelico.
Dal quindicesimo secolo, i costruttori veneziani usarono la calce nera dellAbetone che è simile alla pozzolana.
Nel 1499 Fra Giocondo usò la pozzolana e sabbia nella malta per il molo di Pont de Notre Dame a Parigi.
Nel 1779 B. Higging ottenne un brevetto per cemento idraulico da usare per intonaci esterni.
Nel 1755 john Smeaton scopri, fortuitamente, che la cottura del calcare contenente impurezze di argilla produceva un tipo di calce (calce idraulica) con caratteristiche analoghe a quelle della miscela calce-pozzolana, con il vantaggio, tuttavia, di non dovere usare la pozzolana non disponibile ovunque. Smeaton usò la calce idraulica per costruire l’Eddystone Lighthouse in Cornovaglia. Inaugurato nel 1759 rimase in uso per 120 anni fino a che furono notate delle crepe nella roccia su cui poggiava.
Per paura che il faro crollasse, fu smantellato nel 1870 e ricostruito sulla terra ferma, a Plymouth Hoe dove si trova tuttora, a ricordo del suo costruttore.
Nello smantellamento del faro un troncone dello stesso rimase sulla roccia originale in quanto la malta di muratura in calce idraulica aveva formato un corpo unico con i blocchi di granito. Il tutto si può notare ancora oggi vicino al nuovo faro costruito su una roccia adiacente nel 1882.
Una volta capito che il meccanismo di reazione della calce idraulica era legato alla presenza di impurità argillose, cominciarono le sperimentazioni nella cottura di miscele artificiali di calcare ed argilla.
Nel 1796 James Parker brevettò uno speciale tipo di cemento naturale idraulico, detto cemento romano, ottenuto per calcinazione di noduli di calcare contaminati da argilla. Lo stesso processo fu usato in francia nel 1802.
Nel 1812 L Vicat preparò una calce idraulica artificiale calcinando miscele artificiali di calcare e creta (caolina).
Nel 1818 negli USA fu prodotto un cemento naturale e M. de Sain Leger ottenne un brevetto per il cemento idraulico. Nel 1822 J. Frost sviluppò una calce idraulica
artificiale chiamata cemento britannico.
Il composto responsabile della presa sia nella calce idraulica che nei cementi “artificiali” e “naturali” era la Belite che solo lentamente sviluppa la presa. Poiché
questi erano prodotti con riscaldamento inferiore ai 1250 gradi non contenevano
Alite, il composto responsabile della presa nei moderni cementi.

 
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